Arte, cervelli e blocchi di marmo: chi salverà il “bello” del Belpaese?

Di Francesco D’Alessandro

Negli ultimi giorni si è alzato un polverone. L’Italia, col Ministro Sangiuliano, ha finalmente deciso di farsi valere e di non sottostare alle imposizioni di stati esteri. Quando il direttore della Gliptoteca di Monaco, Florian Knauß, ha chiesto la restituzione del Discobolo Lancellotti, celebre copia marmorea di un originale in bronzo di Mirone, il Ministro si è opposto fermamente:  ”dovranno passare sul mio cadavere”. Ma l’opera è davvero di nostra proprietà? Legalmente parlando sì. Il Principe Lancellotti avrebbe venduto l’opera per 5 milioni di lire nel 1938 a Goring, vice- cancelliere, ma su pressioni del Duce che non poteva negare a Hitler la statua del “lanciatore di disco”, espressione dei “massimi principi ariani”. Inoltre, come giudicato dagli storici dell’arte del tempo, l’opera era un bene culturale, pertanto non mercificabile. Quello del Discobolo Lancellotti non è un caso isolato: è più comune assistere però a uno spettacolo rovesciato, dove un’Italia depredata rivendica il possesso di un’opera d’arte custodita in un museo estero, che non le sarà mai restituita. Migliaia sono le opere sottratteci nei secoli. Oltre 500 sono i quadri e le sculture rubate durante le spoliazioni napoleoniche: Firenze, Pisa, Modena, città sventrate e svuotate. Solo Roma grazie ad Antonio Canova riuscirà a riottenere alcuni dei suoi capolavori tra cui l’Apollo di Belvedere nel 1815. Ma le perdite maggiori ci saranno sotto il regime nazista: non si parla solo dell’Italia e del Vaso di Fiori di J. Van Huysum, restituito solo nel 2019 dai tedeschi. Si parla del mezzo milione di opere di artisti polacchi o ebrei, arse, perduta o mai restituite. Si parla dei grandi collezionisti corrotti come H. Gurlitt, che acquistò migliaia di opere rubate dai nazisti, pezzi di arte degenerata (cubismo, espressionismo, simbolismo), lavori di Otto Dix, di Monet, di Matisse, ancora oggi nelle mani del figlio Cornelius. Quel che sconcerta però, è come ci si concentri unicamente sull’arte senza badare più agli artisti. Forse è più facile rivendicare un pezzo di marmo piuttosto che l’estro creativo di un giovane, e mentre noi ci avvinghiamo a quel pezzo di marmo per impedire che valichi le Alpi, milioni sono i giovani geni che volano in direzione di quei stessi monti. Magari tra trent’anni la Gliptoteca  non avrà il Discobolo Lancellotti, ma ospiterà la mostra di un celebre pittore italiano. E quando il Governo cercherà di impedire tutto ciò, capirà che non basta inviare una lettera a un museo o chiudere gli aeroporti: i giovani sono un po’ come le farfalle, volano verso il giardino col terreno più fertile, coi fiori più belli. Provate a tenerli al guinzaglio e diventeranno cani rabbiosi, vi morderanno la mano e uccideranno quel che resta della bellezza della nostra Italia.

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Dramma della solitudine in via Raffaele Pumpo, ad Eboli. Trovato privo di vita un uomo anziano, classe 1939. Dalle condizioni in cui il corpo è stato trovato sembra che l’uomo sia deceduto da quasi un mese.
Alcuni vicini hanno chiamato la polizia municipale per verificare il cattivo odore proveniente dall’appartamento dell’uomo.
Gli agenti hanno fatto sopraggiungere sul posto anche una squadra dei vigili del fuoco per entrare dal balcone della palazzina. La salma è stata immediatamente rilasciata perché in avanzato stato di decomposizione. I vicini hanno riferito alla municipale che non vedevano l’uomo da oltre un mese.
L’uomo è stato un dipendente della Fiat per oltre 40 anni a Torino. Poi, una volta in pensione, si è trasferito ad Eboli doveva aveva un solo familiare. Era un grande appassionato di musica, infatti, comprava molti strumenti musicali tanto che era diventato molto apprezzato nell’ambito musicale locale.