Fotografia e giornalismo: le immagini rivoluzionarie di Gerda Taro

Di Vincenzo Marsilia

Il fotogiornalismo è stato un potente mezzo di informazione nei decenni centrali del ‘900, quelli segnati da crisi gravissime e dall’evento terribile della seconda guerra mondiale. Le immagini scattate da Robert Capa, Eugene Smith, ma anche da fotografe come Dorothea Lange e Gerda Taro, hanno consentito a milioni di persone di seguire vicende di ogni tipo grazie alla stampa illustrata. Armati di piccole, efficienti fotocamere come la Leica, questi inviati hanno percorso anche i fronti di guerra documentando fatti e situazioni entrati poi, attraverso la loro attività a far parte della narrazione  storica.  Di una di loro, Gerda Taro (1910-1937) ho parlato la sera del 9 marzo alla Biblioteca di Casalecchio di Reno, illustrandone sia l’opera che la singolare personalità.

Gerda Taro è un “nome d’arte” creato da lei stessa, nata Gerta Pohorylle in Polonia, trasferitasi in Germania e poi riparata a Parigi, dove conosce Endre Friedmann, da lei rinominato Robert Capa. Il grande fotoreporter e Gerda, che è anche la sua compagna, svolgono un’intensa attività di documentazione della guerra civile spagnola, che è un capitolo fondamentale del conflitto fra il fronte fascista (sostenuto dall’Italia mussoliniana e dalla Germania di Hitler) e nazioni democratiche, oltre alla Russia sovietica. Capa e la sua compagna, antifascisti militanti, si impegnano in una preziosa, efficace campagna di documentazione che raggiunge una vasta opinione pubblica, ma pagando un prezzo terribile: Gerda muore tragicamente durante la battaglia di Brunete, nel luglio del ’37, investita da un carro armato. I suoi funerali, svoltisi a Parigi il giorno del suo 27°compleanno, si trasformano in una grande manifestazione antifascista, alla quale partecipano centinaia di migliaia di persone.

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