Ciao Giulia, sono Francesco. Voglio parlare anch’io

Di Francesco D’Alessandro

Premessa. Non è facile esprimersi in questo momento. Proprio perché non è facile, sembra impossibile anzi, è necessario parlarne. Sembra strano vedere qui un ragazzo invece di una ragazza: ma è giusto così, è la cosa migliore. Chi uccide le donne, che le violenta, chi toglie loro la libertà? Un uomo, o meglio un essere: ma di umano, non ha davvero niente.

Lettera aperta

La sera dell’11 Novembre Giulia Cecchettin è stata ammazzata. Filippo, che è sempre stato un bravo ragazzo, ha pensato bene di uscire con lei. E qui, a 150 metri da casa, le tira una coltellata e la prende a calci. Allora, per evitare di essere visto, la costringe a entrare in auto e la porta in periferia. Ma quando Giulia cerca di scappare, pur ferita, lui la insegue, la getta a terra e nonostante lei avesse perso i sensi e stesse già morendo dissanguata, continua a colpirla finchè non smette di respirare. Poi, mette il corpo nel bagagliaio e la getta in un canale vicino un lago. La troveremo solo il 18 Novembre.

Tutto ciò non basta però, non può essere vero, non può essere premeditato no? Filippo era un caro ragazzo, preparava i biscotti, giocava a pallavolo, era un ragazzo modello ed era così disperato che ha meditato il suicidio! L’amava in fondo vero? Eppure l’ha uccisa: eppure non ha avuto paura di prenderla a calci, di vibrarle oltre venti coltellate, di guardarla negli occhi mentre moriva, ma ha avuto troppa paura per suicidarsi!

Se davvero l’omicidio fosse semplicemente un impeto di follia, Filippo non sarebbe uscito di casa con un coltello da cucina, con un borsone con un cambio d’abito e del nastro adesivo. E tutto questo dovrebbe dimostrarci che Filippo non era il bravo ragazzo che tutti credono, un figlio e un fratello amorevole, un fidanzato premuroso: non voglio neanche definirlo umano, cos’è, una bestia? No, mostro è il termine adatto. Ma ad aver ucciso Giulia non è solo Filippo, ma è chi giustifica questo scempio, chi accusa Giulia di averlo istigato, chi ha ignorato le grida di Giulia, chi domani dimenticherà quello che è successo e aspetterà un nuovo articolo de La Stampa: “Ragazza ammazzata dal fidanzato” .

E il nostro compito è questo. Non stare più in silenzio ma parlare, ricordare, urlare. Perché due settimane fa è stata ammazzata Giulia, una tra le 106 ragazze vittima di femminicidio quest’anno, ma domani a chi potrebbe toccare? A nostra sorella? A una nostra amica? Cent’anni di galera non restituiranno la vita a chi è stata strappata ingiustamente. E il dolore resta.

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